I
radar fanno parte della nuova “rete costiera di
profondità” del Comando della Guardia di
finanza, per “difendere le frontiere esterne dai
flussi migratori provenienti dal Nord Africa”.
Co-finanziata dall’Unione europea, la rete
prevede la realizzazione di quattro siti in
Sardegna (Capo Sperone nell’isola di
Sant’Antioco; Capo Pecora, Fluminimaggiore;
Ischia Ruggia - Tinnias, Tresnuraghes; Punta
Vedetta, Argentiera, Sassari); uno in Puglia (Gagliano
del Capo, Lecce) e un altro in Sicilia (Capo
Murro di Porco, Siracusa).
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Quirra: Il
Decreto di sequestro della Procura di Lanusei
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dirette in SARDEGNA.
La Francia costretta
da anni ad importare energia dalla Germania e dalla
Svizzera:
L’esistenza sospesa dei radar anti-migranti
di Antonio Mazzeo
Sarà il Tribunale amministrativo regionale
della Sardegna a decidere le sorti dei radar di
produzione israeliana che la Guardia di finanza
intende utilizzare per dare le caccia alle
imbarcazioni dei migranti che tentano di
raggiungere le coste italiane.
Dopo aver sospeso a luglio i lavori
d’installazione nei territori di Fluminimaggiore,
Sant’Antioco e Tresnuraghes, mercoledì 5 ottobre
il Tar si pronuncerà sulla revoca delle
autorizzazioni, richieste rispettivamente dal
Comune di Tresnuraghes e da Italia Nostra.
I radar fanno parte della
nuova “rete costiera di profondità” del Comando
della Guardia di finanza, per “difendere le
frontiere esterne dai flussi migratori
provenienti dal Nord Africa”. Co-finanziata
dall’Unione europea, la rete prevede la
realizzazione di quattro siti in Sardegna (Capo
Sperone nell’isola di Sant’Antioco; Capo Pecora,
Fluminimaggiore; Ischia Ruggia - Tinnias,
Tresnuraghes; Punta Vedetta, Argentiera,
Sassari); uno in Puglia (Gagliano del Capo,
Lecce) e un altro in Sicilia (Capo Murro di
Porco, Siracusa).
Sei località protette,
d’inestimabile valore ambientale e paesaggistico,
che rischiano di essere irrimediabilmente
deturpate dal piano militare.
La mobilitazione spontanea
degli abitanti, delle associazioni ambientaliste
e di alcune delle amministrazioni locali hanno
già creato numerosi intoppi burocratici
all’installazione degli impianti, ma adesso i No
radar sperano che il Tar sardo chiuda
definitivamente la partita con la Guardia di
finanza e la società che ha ottenuto i lavori (Almaviva
Spa di Roma), costringendo tutti a rivedere e
magari cancellare i programmi di guerra
elettromagnetica alle migrazioni.
Le avventate decisioni di autorizzare
l’installazione dei radar in Sardegna sono state
prese il 17 e 20 dicembre 2010 con le conferenze
dei servizi svolte presso il Provveditorato
Interregionale per le Opere Pubbliche di
Cagliari.
A Tresnuraghes è stata
scelta un’area di 300 mq ricadente sulla collina
“Ischia Ruggia”, distante 400 metri dal mare
e solo 200 dalla sottostante torre spagnola
cinquecentesca. “Si tratta di un’area ricadente
in zona E5 del Piano urbanistico comunale dove
sono ammesse le sole attività relative
all’agricoltura, alla pastorizia e alla
zootecnia”, scrive nel suo esposto il legale del
Comune di Tresnuraghes.
“Il sito ricade altresì
nell’ambito di paesaggio costiero del Piano
particolareggiato e, inoltre, all’interno della
Zona di Protezione Speciale “Costa di
Cuglieri” (codice ITB033036 ), perimetrata ai
sensi della Direttiva 92/43 CEE Habitat, ed
individuata dalla Rete Ecologica Natura 2000,
come sito di importanza comunitaria”.
La conferenza dei servizi, oltre ad ignorare i
divieti e le prescrizioni in materia di
protezione ambientale, ha omesso di considerare
il parere negativo all’installazione, espresso
il 17 dicembre dall’Agenzia regionale per la
protezione dell’ambiente ARPAS, secondo cui
l’intensità del campo elettrico creato dal radar
“superava il limite di esposizione di 20 V/m e,
comunque, non era in grado di garantire il
rispetto degli obiettivi di qualità stabiliti
dalle normative”.
Ancora più controversa
l’autorizzazione ai lavori all’interno dell’ex
stazione radio di località Capo Sperone – Su
Monti de su Semaforu di Sant’Antioco. “
L’intera
isola, in particolare la zona sud meno
antropizzata, rappresenta un ecosistema molto
delicato e un quadro paesaggistico assolutamente
unico e irripetibile per cui qualsiasi
intervento potrebbe mettere a rischio il
delicato equilibrio presente”,
segnala Italia Nostra attraverso i propri
legali, Andrea Pubusa, professore di diritto
amministrativo dell’Università di Cagliari e
Paolo Pubusa.
L’area, nello specifico, era stata trasferita
dai militari alla regione Sardegna, ma con
delibera della giunta regionale del 4 novembre
2010, “rilevato il preminente interesse per la
sicurezza dello Stato rispetto ai vincoli
paesaggistici e storici esistenti nella zona”,
veniva concessa in comodato alla Guardia di
finanza.
“Capo Sperone è una zona di
particolare pregio ricadente nell’ambito n. 6
del Piano paesaggistico regionale denominato
Carbonia ed Isole Minori”, aggiunge Italia
Nostra.
“Si
tratta inoltre di una Zona di protezione
speciale (ZPS), dove per legge qualunque
intervento deve essere sottoposto a
un’appropriata valutazione d’incidenza.
Nonostante le particolari tutele in virtù di
proprie immodificabili caratteristiche di ordine
naturalistico, paesaggistico e archeologico, in
oltre 200 mq di superficie sono previste una
colata di cemento armato, previa estirpazione di
tutte le essenze protette; la realizzazione di
un edificio di notevoli dimensioni; la
costruzione di tralicci, antenne e recinzioni
metalliche in cui gli animali selvatici e gli
uccelli possono rimanere impigliati”.
Oltre a rilevare che la
concessione dell’autorizzazione sarebbe stata
viziata dall’assenza in conferenza dei servizi
del Ministero dell’ambiente, competente in
materia di Siti d’interesse nazionale, Italia
Nostra ricorda come il radar di Capo Sperone
viene ad incidere dal punto di vista
elettromagnetico in una zona assai popolata:
a meno di 700 metri in linea d’area sorgono
diverse abitazioni in cui risiedono
permanentemente famiglie con bambini;
poco più lontano operano due importanti
insediamenti turistici e una comunità di
recupero per tossicodipendenti con numerosi
giovani e operatori sociali.
A
meno di mille metri c’è invece la spiaggia di
S’Acqua ‘e sa Canna, meta di numerosi bagnanti
nella stagione estiva. “Eppure nulla viene detto
sugli effetti dei campi elettromagnetici
derivanti dal radar e dal ponte radio sulla
salute della popolazione”, aggiunge Italia
Nostra.
“A Sant’Antioco si sono poi verificate gravi
anomalie: l’ARPAS, in meno di quattro giorni, un
termine inferiore a quello previsto dalla legge
241/90 e comunque incongruo in una materia così
complessa ed inusuale, ha dato il proprio parere
favorevole ad un impianto che era stato bocciato
per Tresnuraghes. L’agenzia regionale ha poi
trascurato del tutto che oltre al radar, altra
fonte di irradiazione è costituita dall’antenna
del ponte radio che opera con una frequenza
maggiore.
Ciò costituisce un’ipotesi di esposizione
multipla che obbligava a compiere le
verifiche previste”.
Secondo il prospetto informativo fornito dalla
società israeliana produttrice, la Elta Systems,
i radar sono quelli modello EL/M-2226, facenti
parte della famiglia di trasmettitori Linear
Frequency Modulated Continuous Wave (LFMCW) in
X-band (dagli 8 ai 12.5 GHz di frequenza), che
operano pertanto emettendo microonde, ovvero
onde molto corte comprese tra i 300 megahertz e
i 300 gigahertz, estremamente pericolose per
l’uomo, la fauna e la flora.
“Gli studi in proposito non sono per nulla
rassicuranti”,
scrive Italia Nostra. “Fin dal 1987 il prof.
Ross Adey ha realizzato una ricerca per il
National Cancer Institute sul rischio delle onde
elettromagnetiche. Sono stati effettuati studi
sui militari che operano vicino ai radar delle
basi: i casi più eclatanti sono stati quelli
negli USA (questo tipo di radar viene ora
localizzato nei deserti); di Skrunda, in
Lettonia; in Belgio; in Germania (69 casi di
cancro in una singola base), per non parlare
della vicina Quirra, nella quale recentemente i
magistrati hanno sottoposto a sequestro proprio
radar di tale tipologia”.
Gli ambientalisti ricordano che in occasione del
convegno internazionale sull’elettrosmog,
tenutosi il 17 febbraio scorso a Roma,
è emerso con chiarezza che le onde sono
potenzialmente pericolose per un raggio di 4-5
km.
dalla sorgente radar e per questa ragione
vengono scelte zone scarsamente popolate.
“Le
onde penetrano nel cervello per alcuni
millimetri, disturbano il sangue e i
microorganismi, possiedono una potenza
energetica circa diecimila volte superiore
rispetto a quella delle onde di 10 Mhz.
E gli effetti studiati non sono da poco:
alterazione della comunicazione fra neuroni
(difficoltà soprattutto nei bambini di memoria,
concentrazione, coordinazione motoria),
alterazione della chimica nel cervello (e questo
si verifica già con emissioni di 100 volte
inferiori agli standard accettati e considerati
sicuri dalla legge), infertilità maschile (negli
animali da laboratorio è stata evidenziata fino
alla quinta generazione successiva), cancro ai
testicoli, leucemia soprattutto infantile,
cancro al seno, melanomi epiteliali, tumori al
cervello, aumento degli aborti, malformazioni
nei nascituri, mutazioni genetiche, problemi
agli occhi (cataratta), ustioni alla pelle,
depressione”.
Sui radar della Guardia di finanza, il 26
settembre 2011 è stato pure presentato un
esposto alle Procure della Repubblica di
Cagliari, Sassari ed Oristano. Italia Nostra e
il Comitato territoriale No Radar
Ischia Ruja chiedono d’indagare in
particolare sulle reali motivazioni che
starebbero dietro la scelta di ben quattro
stazioni in Sardegna e sulla regolarità delle
procedure adottate per l’assegnazione dei
lavori.
“Considerato
che il programma è finanziato con risorse del
PON
Sicurezza per lo sviluppo 2007-2013 e dal Fondo
europeo per le frontiere esterne e la gestione
dei flussi migratori, non si capisce come i
radar previsti lungo la costa nord occidentale
della Sardegna possano essere utilizzati per
contrastare le imbarcazioni di migranti”,
afferma Graziano Bullegas, segretario regionale
di Italia Nostra.
“Nessun
evento migratorio illegale ha mai interessato
tali siti
e, d’altronde, anche i flussi avvenuti nel sud
dell’isola sono stati di quantità ridotta negli
anni 2006 e 2007 e quasi del tutto cessati dopo
il 2008, salvo qualche decina di arrivi negli
ultimi mesi”.
Nonostante la Commissione europea abbia
stabilito che l’acquisizione delle forniture
con fondi Ue avvenga attraverso la pubblicazione
di un bando di gara europeo con procedura aperta
e informazione specifica delle popolazioni
interessate, il progetto e il relativo iter
autorizzativo dei radar anti-migranti sono
avvenuti invece - secondo gli ambientalisti -
“in piena segretezza” e l’appalto è stato
aggiudicato il 22 ottobre 2010 dalla Guardia di
Finanza “senza l’indizione e la previa
pubblicazione del bando”.
“L’attività
di montaggio degli impianti,
inoltre, sembrerebbe sia stata subappaltata ad
altra ditta, nonostante sull’avviso di
aggiudicazione sia espressamente escluso il
subappalto dell’opera”.
Le accuse sono state seccamente respinte
dall’ingegnere Piero Rossini, responsabile
sicurezza di Almaviva Spa, nel corso di
un’intervista a Radio24.
“Quello che è stato scritto in merito alle
assegnazioni dirette è assolutamente falso”, ha
dichiarato Rossini. “Abbiamo vinto una gara a
cui abbiamo partecipato noi, Finmeccanica, la
Gemma e un altro paio di ditte che però poi non
hanno presentato offerte.
Prima di cominciare i lavori abbiano
ricevuto tutte le autorizzazioni compresa quella
d’impatto ambientale.
Dopo è montata la fronda di questi circoli
ambientalisti no global, siamo arrivati a un
incontro con i sindaci che, in periodo
elettorale, hanno disconosciuto le
autorizzazioni ufficialmente emesse. E allora
abbiamo sospeso i lavori. Stiamo però valutando
anche altri siti magari all’interno di esistenti
zone militari in modo da vedere se riusciamo a
venire a capo del problema…”.
Della presunta gara di Almaviva e concorrenti
non c’è però traccia nell’avviso di
aggiudicazione di appalto (GU/S S212),
pubblicato dal Comando generale della Guardia di
finanza il 30 ottobre 2010.
Nell’avviso si spiega invece che la
procedura adottata per i radar anti-migranti è
stata “negoziata senza indizione di gara” e
“senza la previa pubblicazione di un bando di
gara nella gazzetta ufficiale dell’Unione
europea”, con la motivazione che “i lavori e i
servizi possono essere forniti unicamente da una
determinata fornitrice, la Almaviva SpA
di Roma, che possiede le prescrizioni di natura
tecnica e i diritti esclusivi dei materiali”.
Valore della commessa, 5 milioni e
461.670
euro, Iva esclusa. L’emergenza migranti si
conferma ancora un ottimo business per il
privato.
Armi di distruzione di massa, tecnologie
nucleari, collaborazioni con le più spietate
dittature, muri della vergogna, controllo
sociale, repressione, treni ad alta velocità…
Finmeccanica è il più grosso produttore italiano
di armi (il 5° a livello mondiale), oltre che
nella fabbricazione di armamenti, è implicato
nel nucleare, nel controllo dei migranti (suo è
il progetto di un muro elettronico nel deserto
libico, suoi sono gli strumenti di sorveglianza
usati dalla polizia nordamericana al confine con
il Messico) e del territorio urbano attraverso
al costruzione e la fornitura di armi leggere,
telecamere o cittadelle telematiche per le forze
dell’ordine. [fonte:
collafenice.wordpress.com ]
Chiunque voglia attivare contatti con RNA, si rivolgerà
solo e soltanto ai seguenti recapiti:
Esplosione alla centrale di Marcoule. Valori 500 volte più alti
di quanto era stato ammesso inizialmente. EDF ha deliberatamente
mentito minimizzando la portata delle emissioni.
Quirra: Il
Decreto di sequestro della Procura di Lanusei