5 Marzo 2012
Ciò che il governo di Manmohan Singh sta
facendo per i manifestanti contro la centrale
nucleare di Koodankulam non è forse la stessa
cosa che l'amministrazione Bush ha fatto in Iraq
sotto Saddam Hussein, ovvero inventare una scusa
per l'uso della forza militare? Osservando
gli sforzi con
i quali i ministri di Singh hanno sostenuto che
gli agitatori lavorano per volontà delle ONG
straniere, la risposta è sì.
Gli sporchi stratagemmi dei dipartimenti del
governo sono intenzionati a "trovare"
l'equivalente di una "prova" dell'esistenza di
"armi di distruzione di massa" – per dimostrare
la sottrazione di fondi a sostegno e supporto
degli agitatori.
Non passa giorno senza che si producano racconti
ufficiali contro l'agitatore. Singh
si è abbassato al pessimo livello di evocare la
"mano straniera", insinuando che l'impianto di
Koodankulam è stato bloccato nella sua fase di
avviamento da
una manciata di persone collegate agli Stati
Uniti e ad ONG scandinave che non riconoscono il
fabbisogno energetico dell’India. Diversamente,
ha detto alla rivista Science, "la componente
pensante" del popolo indiano preferisce "senza
dubbio" l'energia
nucleare.
Il movimento
contro la centrale nucleare a Koodankulam risale
al 1980 ed ha raggiunto il suo apice nel momento
in cui si iniziò la costruzione nel 2001. Questo
è stato ampiamente documentato nella "
Cronologia di Koodankulam " (dianuke.org e lokayat.org.in).
L'agitazione ha mobilitato migliaia di persone
dai diversi percorsi di vita nel sud del Tamil
Nadu e nel Kerala. La fase più recente del
movimento ha avuto inizio all’incirca nel Giorno
dell'Indipendenza (15 agosto) con la pratica dei
dharnas [una forma di sciopero della fame - ndt].
C'è stata una staffetta ininterrotta di scioperi
della fame dal 18 ottobre, con centinaia, a
volte migliaia, di partecipanti.
Mobilitazioni di questo tipo non possono avere
successo solo con il denaro, per quanto generosa
sia la cifra. Non
basterà il più succulento complotto e le
piccanti conversazioni riportate da poliziotti e
spie a convincere qualcuno che il movimento non
ha radici profonde, forti convinzioni morali e
un’ampia base di supporto che riflette la
volontà popolare.
Coloro che insistono sull’accusa di una "mano
straniera" sono mossi dall'ossessione della
dipendenza dell’economia energetica indiana dai
reattori esteri. Hanno cercato di sminuire la
responsabilità dell’azione nucleare sotto la
pressione dei fornitori stranieri.
Eppure ogni cittadino del mondo ha una legittima
preoccupazione sui possibili pericoli nucleari,
non importa da dove questi provengano. Come un
fisico ha affermato, "un incidente nucleare
in qualsiasi posto è un incidente nucleare in tutto il
mondo". I suoi effetti non possono essere
limitati nel tempo o nello spazio. Il Fallout di
Chernobyl (1986) può essere ancora rilevato
anche al Polo Sud. Allo stesso modo la
radiazione liberata dal disastro di Fukushima.
Fukushima ha causato un cambiamento strutturale
nella percezione dei pericoli del nucleare per
la gente di tutto il mondo. Anche in Francia,
che prende tre quarti della sua elettricità dal
nucleare, un sondaggio apprezzabile così
enuncia: "La fiducia del popolo francese che il
governo li protegga dai rischi nucleari è
seriamente compromessa."
I rischi del nucleare sono saliti al quarto
posto, tra le maggiori preoccupazioni dei
francesi, dopo la disoccupazione, la crisi
finanziaria, e l'esclusione sociale. Oggi, il 55
% dei francesi considera i rischi nucleari
"elevati". Oltre l'80 % "vuole che sia attuata
la valutazione della sicurezza degli impianti
nucleari francesi", con il coinvolgimento di
"esperti internazionali".
Per quanto riguarda l'affermazione secondo cui
"la componente pensante" della popolazione
indiana sostiene l'energia nucleare, non c’è
nulla di più assurdo. Un numero illimitato di
eminenti pensatori e intellettuali ha chiesto
una moratoria sull'espansione del nucleare, in
attesa di un più ampio controllo del programma
nucleare indiano, e la revisione della sicurezza
di tutti i nostri impianti nucleari da parte di
un potente comitato composto da esperti
indipendenti, scienziati sociali, organizzazioni
civili della società e dai rappresentanti delle
vittime, reali o potenziali.
Questi includono eminenti storici quali Romila
Thapar e Mushirul Hasan, economisti come Amit
Bhaduri e Deepak Nayyar, politici e scienziati
come Rajeev Bhargav Achin Vanaik, l’ex
ambasciatore alle Nazioni Unite Nirupam Sen,
artisti come Krishan Khanna e Vivan Sundaram, la
scrittrice Arundhati Roy, e gli scienziati PM
Bhargava e P Balaram, direttore del prestigioso
Indian Institute of Science, in Bangalore.
A questi si sono aggiunti l’ex responsabile
della Marina Militare, l’Ammiraglio L. Ramdas,
l’ex direttore dell’Atomic Energy Regulatory
Board, A. Gopalakrishnan, e diversi
rappresentanti della società civile, tra cui
Aruna Roy e Mander Harsh, entrambi membri del
proprio governo del National Advisory Council.
Questo dimostra un adattamento senza precedenti
tra le percezioni degli intellettuali e le
preoccupazioni dell’opinione pubblica sulla
sicurezza nucleare.
La brusca negazione di queste preoccupazioni
insegue la stessa logica della dichiarazione
dogmatica di
Singh, secondo cui i gravi problemi generici di
sicurezza dell'energia nucleare evidenziati da
Fukushima sono già stati risolti, e l'India può
andare avanti con i suoi programmi per una
grossa espansione della produzione di energia
nucleare.
Infatti l'industria nucleare globale non ha
ancora iniziato neppur lontanamente a fare i
conti con le cause e le conseguenze di
Fukushima, il primo meltdown di un
multi-reattore nel mondo. Fino ad oggi il
gestore dell'impianto non è ancora riuscito a
riportare i reattori sotto controllo. Non
conosce neppure l’ubicazione del combustibile
fuso.
Come è stato da poco rivelato, nel pieno della
crisi di Fukushima, i leader giapponesi non
conoscevano l'entità effettiva del danno presso
l'impianto ed in segreto prendevano in
considerazione la possibilità di evacuare Tokyo.
Un'indagine della Rebuild Japan Initiative
Foundation mostra chiaramente che "Il Giappone
vacillava temendo di aver sfiorato una crisi
nucleare ancor più grande" di quella presso
l'impianto di Fukushima.
In India solo le persone più inclini
all’illusione dello sviluppo del nucleare
ritengono che il programma nucleare può essere
eseguito in modo sicuro con i reattori russi, ai
quali sono stati trovati 31 difetti di
progettazione (secondo un rapporto ufficiale), o
con i reattori europei non testati, ad acqua
pressurizzata (EPR), della società francese
Areva.
Gli EPR non hanno superato i test di sicurezza
da nessuna parte, compreso la Finlandia e la
Francia, che stanno costruendo i primi reattori
nucleari, in Europa occidentale, dopo Chernobyl. I
loro EPR sono in ritardo di più di quattro anni,
il 95 % ha sforato i preventivi ed è impantanata
in brutte controversie legali. Gli EPR francesi
potrebbero anche essere demoliti se i socialisti
vincono le prossime elezioni.
Eppure l'India sta progettando di installare sei
di questi enormi ed ingombranti reattori non
testati, di 1.650 MW, a Jaitapur, nella zona
ecologicamente fragile del Konkan Coast in
Maharashtra. Impianti nucleari sono previsti
anche in Gujarat, Andhra Pradesh, Haryana,
Madhya Pradesh e Orissa, dove si trovano ad
affrontare un’opposizione rigida, determinata ed
informata.
Questi progetti possono essere mossi solo
attraverso la forza brutale e la soppressione
delle libertà di centinaia di migliaia di
persone, aprendo la strada ad uno stato di
polizia caratterizzato dalla segretezza. Questo
è il terribile prezzo che l'imposizione del
nucleare infligge alla democrazia indiana.
Eppure, se i nostri politici volessero risolvere
la crisi energetica e promuovere un'economia di
energia sicura e rispettosa del clima,
dovrebbero accogliere la Rivoluzione delle
Energie Rinnovabili che sta investendo il
pianeta. Le Energie Rinnovabili rappresentano
oggi un/quinto della capacità di alimentazione
del mondo e forniscono il 18 % dell'elettricità
globale, così come il consumo finale di energia
– in contrasto con il solo 2 % per l'energia
nucleare. A differenza dei reattori nucleari,
che richiedono 10-15 anni per la costruzione,
gli impianti delle Energie Rinnovabili sono
installati in pochi mesi e possono alleviare
rapidamente la nostra crisi energetica.
A livello globale, il solare-fotovoltaico
(conversione diretta della luce solare in
energia elettrica) è annualmente in crescita del
53 % e
l'energia eolica del 32 %. Solare termico,
biomassa, maree e energia geotermica stanno
crescendo rapidamente. I paesi in via di
sviluppo svolgono un ruolo fondamentale nel
promuovere la rivoluzione delle energie
rinnovabili. L’India può assumere un ruolo guida
in questi campi.
Il numero di reattori nucleari nel mondo ha
raggiunto la cifra di 444 nel 2002 ed ora è
ridotto a meno di 400. Più di 150 reattori
nucleari sono programmati per essere chiusi nei
prossimi venti anni, e solo circa 60 saranno
sostituiti. Sarebbe avventato inseguire questa
fonte di energia in declino, in esaurimento,
superata ed impopolare e perdere la rivoluzione
delle energie rinnovabili.
Lo scrittore giornalista Praful Bidwai è
ricercatore e attivista sui temi della pace e
dei diritti umani, con sede a Delhi. Email: prafulbidwai1@yahoo.co.in
Fonte: “Towards
a nuclear police state?”, by Praful Bidwai -
Published on Monday, March 05, 2012
http://www.thenews.com.pk/Todays-News-9-96104-Towards-a-nuclear-police-state - Traduzione per
RNA: Angela Di
Rito.
Bidwai is currently a columnist whose articles
are published regularly in the Hindustan
Times, Frontline, Rediff.com,
and other outlets. He has also been published in
The Guardian (London), The Nation (New York), Le
Monde Diplomatique (Paris), and Il Manifesto (Rome).